Struprarono ventenne ubriaca: avranno uno sconto di pena

La Corte di Cassazione - con una sentenza ineccepibile - ha escluso l'aggravante: la ragazza aveva esagerato con l'alcol in modo volontario. La condanna resta, ma la Corte d'appello dovrà rivederla al ribasso.

Struprarono ventenne ubriaca: avranno uno sconto di pena
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Struprarono ventenne ubriaca: avranno uno sconto di pena.

Due biellesi

Sono due biellesi i due stupratori per i quali la Corte di Cassazione ha rimandato gli atti in Appello chiedendo che venga applicata nei loro confronti una riduzione della pena (erano stati condannati a tre anni ciascuno per stupro di gruppo) in quanto è da escludere l’aggravante che la ragazza, all’epoca dei fatti ventenne, fosse stata costretta a ubriacarsi. Come lei stessa ha infatti ammesso, aveva esagerato con le bevute volontariamente. I due sono Emilio Zanella, 51 anni, di Cossato, e Ioan Pinteanu, 60 anni, di Brusnengo, origini rumene. I fatti sono del 2009, ma il processo d’appello - dopo che in primo grado erano stati entrambi assolti - risale al mese di gennaio dell’anno scorso.

Il maresciallo Tindaro Gullo ha coordinato i carabinieri della Procura nelle indagini

Sentenza ok

la Corte ha scritto una sentenza ineccepibile evidenziando una mancanza di percorso e confermando che stupro in effetti c’è stato e che i due imputati sono colpevoli d’averlo commesso, per di più di gruppo. La Corte ha solo stabilito che se la vittima è ubriaca per avere assunto volontariamente alcol, alla pena non può essere aggiunta l'aggravante di uso di sostanze alcoliche o stupefacenti. La Cassazione ha così rinviato in appello la sentenza di condanna di secondo grado per rivedere al ribasso la pena comminata ai due imputati. I tre erano andati a cena e la donna aveva bevuto tanto da «non riuscire ad autodeterminarsi». In un primo tempo c’era anche un amico di lei che poi aveva litigato con gli altri due e se n’era andato. Dopo la violenza, la ragazza era andata al pronto soccorso e aveva quindi descritto in modo confuso quanto accaduto. In primo grado i due imputati erano stati assolti.

Una storia terribile

Accusati del reato di stupro di gruppo per aver violentato una ventenne dopo averla ubriacata, Emilio Zanella  e Ioan Pinteanu erano stati condannati a gennaio dell’anno scorso dai giudici della Corte d’appello di Torino a tre anni di reclusione ciascuno (tenuto conto dello sconto previsto per la scelta del rito).
Al termine del processo di primo grado, entrambi gli imputati erano stati invece assolti con una formula dubitativa, corrispondente alla passata “insufficienza di prove”. Il giudice di Biella (che in caso di processo con rito abbreviato deve giudicare sulla base degli atti), aveva ritenuto contraddittorio e lacunoso il compendio probatorio a carico degli imputati, costituito, in tema di violenza sessuale, unicamente dalle dichiarazioni della persona offesa che non era stata però risentita in aula. La presunta violenza era avvenuta nel mese di giugno del 2009.

Appello avverso la prima assolouzione

Contro la sentenza di primo grado, avevano proposto appello sia la parte civile (rappresentata dall’avvocato Ilaria Sala) sia il pubblico ministero. Di anni ne sono passati, considerato che era il 13 luglio 2011. L’udienza è stata fissata dalla Corte d’appello al 20 dicembre 2016. Decisiva è risultata la testimonianza della presunta vittima della violenza, la quale, dopo tanti anni, non ha fatto un passo indietro rispetto a ciò che aveva raccontato in fase di denuncia.

Testimonianza decisiva

A chiedere che i giudici ascoltassero la versione della ragazza, è stato il Procuratore generale, che ha fatto propria una sentenza Corte di Cassazione che, seguendo i principi contenuti nella Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, ha affermato che il Giudice d’Appello, in caso di impugnazione del Pubblico ministero, avverso una sentenza assolutoria fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, «non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell’affermazione della responsabilità della persona penale dell’imputato, senza aver proceduto, anche d’ufficio, a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado».

Il racconto di lei determinante

La giovane è stata sentita nel corso di una udienza. Alla fine, la Corte d’appello ha riformato la sentenza di primo grado, ha ritenuto gli imputati colpevoli del reato di violenza sessuale di gruppo e li ha condannati a tre anni ciascuno oltre all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Gli imputati sono stati condannati a pagare una provvisionale di diecimila euro in favore della parte civile, oltre al maggior danno da liquidarsi in separato giudizio e al pagamento delle spese processuali.

La "squadra antimostro"

Le indagini erano stato svolte dall’ormai famosa “squadra antimostro” formata dai carabinieri che lavorano in Procura, coordinati dal maresciallo Tindaro Gullo. Secondo l’accusa, la ventenne si era recata a casa di uno dei due imputati, conosciuti in un ristorante. Era in compagnia di un amico che si era allontanato dopo aver avuto un diverbio con uno dei due imputati. Nella sua denuncia, la giovane spiega che quella sera aveva bevuto parecchio e in quel momento appariva stordita, senza forze e incapace di reagire. I due - sempre stando al racconto - avevano a quel punto approfittato di lei e delle sue condizioni psicofisiche non ottimali, per violentarla.

"Era consenziente"

«Non è vero - si sono sempre difesi gli imputati - lei era consenziente...». In primo grado, al termine della requisitoria, il Pubblico ministero aveva chiesto per i due (difesi dall’avvocato Sandro Delmastro) una condanna a due anni e otto mesi.
V.Ca.

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